Tra Padova, Verona, Vicenza e Treviso si estende al giorno d’oggi una grande pianura, caratterizzata da un reticolo fittissimo di insediamenti. Nel Medioevo, però, la situazione era notevolmente diversa: accanto alle città e ai piccoli villaggi, la maggior parte degli spazi era occupata da paludi, boschi, fiumi e fossi.
Gli uomini dell’epoca intervennero faticosamente per adattare l’ambiente, per guadagnare spazio per le colture, con l’obbiettivo di organizzare il territorio per agevolare le comunicazioni e gli scambi, ma anche per difendersi dagli eventi catastrofici, sfruttare al meglio le risorse che l’incolto forniva in abbondanza, oppure per rimarcare i caratteri di un dominio politico. L’epoca medioevale segnò la morte delle grandi opere idrauliche romane: una buona parte degli impianti di distribuzione dell’acqua venne messa fuori uso, a volte anche intenzionalmente per motivi strategici, e le grandi terme abbandonate e depredate di tutti i loro beni.
Nell’alto medioevo sono i fiumi i principali assi di collegamento sul piano economico e strategico, tanto che enti religiosi e proprietari laici tendono ad assicurarsene il controllo. Soltanto dall’XI secolo, però, con il risvegliarsi delle autonomie locali, c’è una vera rivoluzione nell’ambito delle vie fluviali interne dell’Italia padana. Le acque vengono rivendicate dai Comuni come un bene inalienabile, e da questo momento assistiamo ad un’organizzazione capillare della navigazione interna nei singoli ambiti territoriali e alla creazione di un’articolata rete di canali artificiali, che hanno innanzitutto lo scopo di collegare i maggiori centri urbani dell’Italia Settentrionale con il Po. La necessità di attraversare con tali canali i territori di Comuni diversi porta le comunità cittadine a stipulare tra loro una complessa serie di patti e convenzioni allo scopo di consentire la loro apertura, e di garantire la sicurezza della navigazione.
Il secondo fiume per importanza della pianura Padana, dopo il Po, è l’Adige, Àdexe in veneto, che nasce dal passo Resia in alta Val Venosta, in Trentino Alto Adige, e sfocia nel mar Adriatico in due foci, presso Chioggia e Rosolina. Attraversa le città di Trento, Verona, Legnago, Cavarzere e passa per le regioni del Trentino-Alto Adige e del Veneto. Il fiume come lo conosciamo oggi si deve alla “rotta della Cucca”, presso l’attuale comune di Veronella, nell’anno 589 dopo Cristo, a seguito del peggioramento climatico avvenuto tra il 400 e il 500 : l’Adige esondò in direzione di Legnago e Badia Polesine , prendendo le attuali sembianze. Nel 953 dopo Cristo ci fu la rotta di Pizzon , che causo’ il cedere della parte destra , che fu causa della nascita dell’ Adigetto. Tale mutamento e’ all’origine dello sviluppo di Pizzon (oggi Badia Polesine) , che si evolvette da piccolissimo villaggio alla configurazione attuale . Nello stesso periodo venne edificata una piccola chiesa,che in seguito sara’ denominata Abbazia della Vangadizza.
Essendo un fiume navigabile come la maggior parte dei corsi d’acqua del Nord Italia, l’Adige era controllato da numerose fortezze e cittadelle, che regolavano l’afflusso delle merci e costituivano baluardi difensivi difficilmente conquistabili: importanti erano soprattutto quella di Castelbaldo, eretta dai padovani nel 1292 per difendere i loro possedimenti meridionali dagli Scaligeri e dagli Estensi, e quelle di Porto e di Legnago, di cui si ha notizia già dal X secolo, ma che acquistarono particolare importanza con gli Scaligeri (1207-1387) prima di passare nelle mani dei Visconti e successivamente dei Carraresi. Con l’avvento della Serenissima Repubblica di Venezia la fortezza di Castelbaldo, che ormai aveva perso la sua importanza strategico-militare, venne demolita, e tutti i materiali furono trasportati proprio a Legnago per essere utilizzati nella costruzione di una nuova roccaforte.